Scoperte Pillole

Fornace solare

Come sfruttare al meglio l'energia che ci proviene dal Sole senza sprecare neanche un fotone? Costruendo una fornace solare intorno alla nostra stella! Una proposta datata 1882.

Aggiornato il 1 Aprile 2020

Oggi la cattura e la conservazione dell’energia del Sole viene fatta attraverso i pannelli solari, che possiamo considerare come un primo, primitivo passo verso un controllo energetico consapevole. Un modo alternativo e, per certi versi, spettacolare di sfruttare l’energia prodotta dalla nostra stella venne proposto nel 1960 da Freeman Dyson. Il fisico statunitense, prendendo il nostro sistema solare come modello, osservò come la massa di Giove, se distribuita con simmetria sferica su un’orbita doppia rispetto a quella della Terra, avrebbe avuto uno spessore di 2 tonnellate per metro quadro:

Un guscio di questo spessore potrebbe essere reso comodamente abitabile e potrebbe contenere tutti i macchinari richiesti per sfruttare la radiazione solare che cade su di esso dall’interno. (1)
doi:10.1126/science.131.3414.1667
(2)
doi:10.4249/scholarpedia.6647

Le idee di Dyson non caddero completamente nel vuoto e gli scrittori di fantascienza coniarono l’espressione “sfere di Dyson” per le strutture artificiali a simmetria sferica costruite intorno a una stella o a un pianeta. In effetti la prima struttura di questo genere fu proposta non già da Olaf Stapledon nel suo romanzo Star maker, ma dall’ingegnere e inventore tedesco Carl Wilhelm meglio noto come Charles William Siemens, naturalizzato britannico.
Una delle sue proposte più ambizione è stata infatti una sorta di fornace solare che, nei progetti di Siemens, avrebbe dovuto raccogliere e conservare proprio l’energia del Sole, altrimenti in massima parte dispersa nello spazio. Alla base di questa idea c’erano alcuni punti cardine, come la presenza di carbonio o di vapore acqueo nello spazio interplanetario, che si sarebbero dovuti dissociare per l’interazione con le radiazioni solari.

Il fantastico e fantascientifico sogno di Siemens, illustrato dall’immagine qui sopra, presente nell’articolo, uscito su Nature (3)Charles William Siemens, 1882, On the Conservation of Solar Energy, Nature, vol. 25, no. 645, pp. 440-444 doi:10.1038/025440a0, che è la trasposizione integrale di una lezione dell’inventore presso la Royal Society, può essere ben riassunto dalle sue parole conclusive, che quasi rappresentano un invito a seguire la strada da lui indicata:

Se queste condizioni dovessero essere giustificate, noi guadagneremmo la soddisfazione che il nostro sistema solare non ci impressionerebbe più con l’idea di una prodigiosa dissipazione di energia nello spazio, ma piuttosto con l’azione ben ordinata e autosufficiente, in grado di perpetuare la radiazione solare al futuro remoto.

L’articolo integra parti di “La conservazione dell’energia del Sole” con parti da “Biosfere artificiali

Note

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3 Charles William Siemens, 1882, On the Conservation of Solar Energy, Nature, vol. 25, no. 645, pp. 440-444 doi:10.1038/025440a0

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Scritto da

Gianluigi Filippelli Gianluigi Filippelli

Ha conseguito laurea e dottorato in fisica presso l’Università della Calabria. Tra i suoi interessi, la divulgazione della scienza (fisica e matematica), attraverso i due blog DropSea (in italiano) e Doc Madhattan (in inglese). Collabora da diversi anni al portale di critica fumettistica Lo Spazio Bianco, dove si occupa, tra gli altri argomenti, di fumetto disneyano, supereroistico e ovviamente scientifico. Last but not least, è wikipediano.

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