Se parlate di Feynman a un fisico di sicuro vi dirà che lo conosce. Premio Nobel e genio, umorista e grande scrittore, molti sanno chi è stato Richard Feynman, e se non conoscono la cromodinamica quantistica ricordano il suo intervento nello studio delle cause del disastro del Challenger.
Pochi invece sanno che Richard ha avuto anche una sorella. Anche lei scienziata o, per meglio dire, fisica. Vediamo insieme cosa ha scoperto.
Il mistero delle aurore polari
Sembra quasi incredibile, ma fino agli anni Ottanta del secolo scorso non si sapeva ancora quale fosse la causa di questi spettacoli naturali che allietano le notti polari e, in passato, venivano considerati forieri di sfortune, come tanti eventi celesti di cui non si conosceva l’origine: le aurore polari. Dice Seneca nelle Naturales Questiones (Liber I, XV 5-6):
Troviamo rappresentazioni pittoriche delle aurore fin da epoche antiche, come l’evento osservato a Norimberga nel 1591:
Possiamo ringraziare Galileo Galilei e Pierre Gassendi per il nome “aurora boreale” dato alle luci rosate, probabilmente osservate in un momento di particolare attività solare. Il primo tentativo di spiegazione scientifica del fenomeno, invece, si deve a Kristian Birkeland, fisico norvegese, a cavallo tra il XIX e il XX secolo: un flusso di radiazione proveniente da Sole che, interagendo con il campo magnetico della Terra, sprigiona queste luci spettrali.
La vera spiegazione, però, richiede dati più precisi e una mente acuta in grado di interpretarli, ed è qui che entra in scena Joan Feynman, affascinata dalle aurore fin dall’infanzia: ne osserva una nel prato dietro casa proprio perché il fratello maggiore, ancora ragazzo ma già esuberante, la conduce con sé nell’osservazione del fenomeno.
È molto bello leggere di questo rapporto tra fratello e sorella: è proprio lui che la convince di essere all’altezza della ricerca scientifica, prima da bimba sfruttandone i servigi, per pochi centesimi a settimana, nel suo laboratorio e poi da ragazza regalandole libri che mostravano i successi di una donna astronoma, Cecila Payne-Gaposchkin. La famiglia infatti, e la madre in special modo, nonostante fossero all’avanguardia rispetto alla società del tempo, riteneva che “la mente femminile non fosse fatta per comprendere la complessità della scienza“, come ricorda la stessa Joan nel suo discorso pubblico, intitolato Being Feynman’s Curious Sister, probabilmente il suo ultimo, all’interno di un congresso della società americana di Fisica per celebrare il centenario del fratello Richard.
Ricorda anche, in questo racconto che immagino ancora un po’ accorato, per quanto fossero passati tanti anni, che il fratello, di 9 anni maggiore, le insegnava molte cose, tra cui a fare le somme quando lei aveva 3 anni, a recitare che il quadrato dell’ipotenusa di un triangolo rettangolo è uguale alla somma dei quadrati sui cateti, ma che
L’aurora diventa il fulcro del “patto tra fratelli“, stretto nel 1963: Richard potrà studiare quello che vuole, nel campo della fisica, ma le aurore saranno riservate a Joan. Richard resta fedele al patto anche quando viene invitato a occuparsene, negli anni ’80, rifiutando perché la sorella non glielo concede. Anche Joan, dal canto suo, rispetta il patto: non solo se ne occupa, ma proprio in quegli anni studia le interazioni tra il vento solare e la magnetosfera terrestre e, utilizzando i dati di una missione NASA degli anni ’60, il satellite Explorer 33, dimostra che le aurore sono il risultato dell’interazione del campo magnetico del vento solare e del campo magnetico terrestre che danno energia agli atomi dell’atmosfera. Questi poi, rilassandosi, perdendo cioè l’energia acquisita, producono emissioni di colore diverso a seconda dell’atomo: l’ossigeno produce una luce di colore verde, il colore prevalente nelle aurore, per esempio. L’attività solare è dunque legata ai cambiamenti nelle aurore.
Una donna nel mondo della scienza
La vita di Joan Feynman non si ferma alle aurore. Preso lo slancio, lavora in laboratori diversi, è costretta a muoversi spesso anche a causa dei tagli sui fondi per la ricerca. Nel 1974 diviene la prima donna a ricoprire un ruolo direttivo nell’American Geophysical Union (AGU). Scopre così che nell’edificio in cui si riunisce la commissione è vietato alle donne l’accesso nella sala conferenze: si fa perciò iniziatrice di regole che vietino espressamente questo tipo di situazioni. Riassume così le condizioni perché una donna possa fare ricerca: amore per la materia, duro lavoro, determinazione, coraggio, perseveranza. Aggiungerei la curiosità, elemento chiave della sua personalità e fondamentale sia per scoprire nuove connessioni tra elementi noti che per ricercare i pezzi mancanti del puzzle che spiega ciò che ci circonda.
Joan si sposa, ha tre figli, ma non riesce a fare la mamma a tempo pieno come molti insegnanti, e anche il rabbino a cui si rivolge durante la recessione per cercare lavoro, le consiglia di “fare la madre”. La sua vita, però, è fare ricerca e con il secondo marito, Alexander Ruzmaikin, fisico pure lui, collabora per tanti anni. Lavora a lungo al Jet Propulsion Laboratory, continua gli studi sul vento solare e sulle periodicità dell’emissione del Sole, scopre come misurare le emissioni improvvise del Sole, le CME, usando la presenza di elio, realizza un metodo statistico per calcolare il numero medio di particelle di altissima energia che colpiscono un veicolo spaziale nella sua vita, e uno per predire i cicli solari. Dopo la pensione, si dedica alla climatologia, applicando tutte le sue nozioni sulla vita del Sole per confrontare i cambiamenti recenti del clima con quelli storici. Pubblica quasi 200 articoli, l’ultimo a suo primo nome pochi anni fa.
Joan Feynman, nata il 31 marzo 1927, è morta il 21 luglio 2020.
Note
↑1 | In originale: tamquam conflagrantis, cum caeli ardor fuisset per magnam partem noctis parum lucidus crassi fumidique ignis. |
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