Insegnare l'astronomia

Introduzione allo SCORM

Torniamo a occuparci di e-learning con i learning object, lo scorm e il rapid learning

Aggiornato il 26 Marzo 2021

Versione estesa e aggiornata di un articolo precedentemente pubblicato sul blog ScienceBackstage

L’acronimo SCORM sta per Shareable Content Object Reference Model, letteralmente Modello di Riferimento per gli Oggetti di Contenuto Condivisibili, una serie di specifiche su come diffondere e rendere condivisibile del contenuto. La definizione e il protocollo in questione nasce e si sviluppa all’interno del mondo dell’e-learning, ovvero quel vasto e ancora poco definito mondo dell’insegnamento a distanza. Le pratiche dell’e-learning, che possono essere applicate anche al cosiddetto insegnamento in presenza, sono a tutti gli effetti pratiche volte a rendere più semplice la condivisione e la diffusione del sapere.
All’interno dell’e-learning si distinguono una serie di soluzioni tecniche e di pratiche didattiche differenti: una di queste è il così detto learning object, che può essere inteso come una vera propria lezione, on-line o meno che sia (1)In effetti ci sono molti addetti ai lavori che considerano LO anche una lezione in presenza, includendo quelle della cosiddetta didattica informale.
In assenza di una vera e propria definizione formale, né tantomeno univoca, si può tentare di fornirne una un po’ più precisa. Gli LO

(…) possono essere considerati degli oggetti di apprendimento digitali e non (solo digitali per alcuni autori) che perseguono un obiettivo formativo specifico, utilizzati sia da docenti, sia da studenti in modo indipendente e senza una sequenza predefinita. (2)A. Ruberto, Il progetto @pprendere digitale e i learning objects – pdf

Gli LO, dal punto di vista tecnico, sono strutturati sui metadati, ideati per classificare il contenuto della rete internet e semplificarne la sua ricerca. La direzione verso cui vengono sviluppati è quella del web semantico, fortemente ispirata al lavoro di Ludwig Wittgenstein, e si possono scorporare dalla pagina web usuale in html utilizzando il linguaggio di script xml. Quest’ultimo, a sua volta, gioca un ruolo fondamentale nei protocolli dei learning object: DCMES (Dublin Core Metadata Element Set), IEEE/LOM P1484.12, e SCORM, in particolare nella sua edizione 2004. È quest’ultimo, tra tutti gli standard, quello più utilizzato nella produzione dei learning object digitali, a proposito del quale vi propongo una presentazione di Francesco Pucci e Andrea Lorenzon:

Lo SCORM per tutti

Una volta progettato il learning object che ci serve, per realizzarlo si utilizzano programmi dedicati: uno dei più usati (a parte gli ovvi programmi per realizzare presentazioni), che presenta anche una (non perfetta) localizzazione italiana è eXeLearning, cui si affianca Xerte, sviluppato dall’università di Nottingham.
Questi, e più in generale tutti i software dedicati alla creazione di LO, sono spesso indicati come rapid e-learning (o semplicemente rapid learning) software. L’accento sul rapid è, in funzione dell’interpretazione, sui tempi di produzione dell’unità didattica o sui tempi di fruizione da parte dello studente. La necessità di avere software dedicati nasce essenzialmente dalla richiesta di una maggiore interazione rispetto a una classica presentazione, senza dimenticare il non trascurabile effetto di una realizzazione quanto più standardizzata possibile nella forma e nella struttura del learning object, garantendone così anche un certo grado di esportazione e riusabilità (3)Che è anche uno dei motivi per l’uso di uno standard come l’xml come base dello SCORM.
Variazioni sul concetto di base dei learning object sono le webquest (semplificando: delle ricerche da fare on-line, con una linea guida da seguire in ogni caso), i webinar (l’equivalente on-line dei seminari): mentre nel primo caso il controllo è fatto dall’insegnante in presenza e successivamente dai lettori in rete del lavoro prodotto, nel secondo caso siamo in presenza di una lezione vera e propria dove manca il momento di autoverifica dei concetti appresi. In effetti è questo momento di autocontrollo che caratterizza e distingue gli LO rispetto a presentazioni e webinar, rendendolo qualcosa al tempo stesso di simile e diverso da una lezione tradizionale.
Ovviamente non è la soluzione ai problemi dell’insegnamento, ma un valido aiuto
Nella costruzione di una didattica digitale condivisa e diffusa.

Approfondimenti
Per maggiori dettagli e per esempi, esplorate le etichette dedicate ai learning object su Scientificando e Matem@ticamente, blog didattici di Annarita Ruberto.

Note

Note
1 In effetti ci sono molti addetti ai lavori che considerano LO anche una lezione in presenza, includendo quelle della cosiddetta didattica informale
2 A. Ruberto, Il progetto @pprendere digitale e i learning objects – pdf
3 Che è anche uno dei motivi per l’uso di uno standard come l’xml come base dello SCORM

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Scritto da

Gianluigi Filippelli Gianluigi Filippelli

Ha conseguito laurea e dottorato in fisica presso l’Università della Calabria. Tra i suoi interessi, la divulgazione della scienza (fisica e matematica), attraverso i due blog DropSea (in italiano) e Doc Madhattan (in inglese). Collabora da diversi anni al portale di critica fumettistica Lo Spazio Bianco, dove si occupa, tra gli altri argomenti, di fumetto disneyano, supereroistico e ovviamente scientifico. Last but not least, è wikipediano.

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