Aggiornato il 28 Novembre 2024
Mercoledì 3 agosto 2016: SI PARTE!
Il giorno della partenza è sempre un giorno particolare… uno lo aspetta con così tanta ansia e poi quando arriva sembra sempre di non essere abbastanza pronti. È un giorno in cui si concentrano un mix di emozioni forti, al punto che sembra di non riuscire più a gestirle. Da una parte ci sono la felicità e l’adrenalina a mille, ma, dall’altra, una sensazione strana, difficile da descrivere.
Ecco… questa è la frase che meglio descrive quello stato d’animo. È una specie di malinconia per quello che ci si sta lasciando alle spalle mista a un pizzico di paura per quello che ci si dovrà aspettare dall’altra parte. Sono emozioni contrastanti, però, nel complesso, è un momento unico e bellissimo. Io ricordo ancora quel giorno come se fosse ieri e penso che queste memorie così vivide vivranno dentro di me per sempre, emozioni così forti non si possono dimenticare…
Ricordo il mio arrivo in aeroporto quella mattina… Ero scesa dalla macchina e mi ero guardata intorno… non potevo crederci che quel giorno era finalmente arrivato… nella mia mente erano ancora vivide le immagini dei miei amici che solo due sere prima erano venuti a salutarmi abbracciandomi fortissimo… eppure in quel momento mi sembrava tutto così lontano. Ero entrata in aeroporto seguita da mamma e papà e mi ero messa in cerca della zona in cui era stato stabilito l’incontro con tutti gli altri ragazzi della mia agenzia. Lì una responsabile della mia agenzia mi aveva chiesto il nome e, dopo aver controllato i miei dati, mi aveva lasciato la busta arancione… Già , la famosa busta arancione! Quanto l’avevo aspettato quel momento? Quella busta arancione conteneva il mio passaporto con sopra il Visto che avevo fatto esattamente la settimana prima al Consolato Americano di Milano. Con la mano tremante l’avevo preso in mano e l’avevo aperto per andare a vedere quel timbro che mi avrebbe consentito l’accesso negli Stati Uniti. Era tutto così bello, così irreale. Stavo per partire e ancora non me ne rendevo conto! Nella busta arancione c’era anche la famosa lettera che ci avevano fatto scrivere nei giorni dell’Orientation a Caorle, esattamente 3 mesi prima. Era una lettera scritta da me e indirizzata alla Linda “del futuro”, alla Linda “americana”. Quella lettera conteneva tutte le paure che provavo nel momento della stesura, paure che mi portavo dentro da mesi, paure che forse non avrei mai avuto il coraggio di svelare a nessuno… E poi conteneva anche degli incoraggiamenti, gli incoraggiamenti che la Linda del passato faceva alla Linda del futuro. La lettera era sigillata e sopra c’era solamente scritta la data del giorno in cui avrei dovuto aprirla: 30 novembre 2016. Dopo averla rigirata un po’ tra le mani l’avevo messa di nuovo nella busta arancione, leggermente commossa da quel ritrovamento di cui mi ero praticamente dimenticata. Avrei voluto aprirla e leggerla, ma dovevo resistere… quella lettera non era ancora per me, quella lettera era per la persona che sarei diventata nel corso della mia esperienza. Dopo aver rimesso a posto la lettera avevo dato un’occhiata al foglio contente il programma con ciò che avremmo fatto a New York nel corso dei tre giorni successivi… Era tutto bellissimo e io non vedevo l’ora. Nel frattempo mamma era andata a comprarmi un lucchetto per chiudere la valigia, uno di quei lucchetti che richiedono negli aeroporti americani… lucchetti che vengono aperti con una chiave universale e che quindi secondo me non servono a nulla, ma va beh… dettagli! In attesa del ritorno di mamma io mi ero seduta su una sedia e avevo iniziato a compilare le etichette da mettere sulla valigie nel caso in cui fossero state perse… Stavo mettendo quello che sarebbe stato l’indirizzo di casa “mia” per i successivi 5 mesi e tutto questo mi sembrava assurdo: io ancora non potevo crederci!!
Poco dopo la signora dell’agenzia che ci seguiva ci aveva chiamati e radunati tutti intorno a lei: tutti noi ragazzi dovevamo andare a fare il check-in e lasciare il bagaglio da imbarcare. I genitori intorno a noi erano già tristi in volto, a qualcuno scendevano già le prime lacrimucce, ma la signora li aveva rassicurati dicendo loro che non ci stava ancora portando via e che saremmo ritornati di nuovo in meno di mezz’ora. E infatti così è stato. Dopo il check-in eravamo ritornati tutti dai nostri genitori per gli ultimi saluti. Mi ricordo ancora le lacrime che mamma cercava di mascherare e il sorriso sul viso di papà . Li avevo stretti in un lungo e forte abbraccio tutti e due, poi, dopo aver preso le mie ultime cose, mi ero incamminata seguendo gli altri ragazzi per fare i security check.
Il mio stato d’animo era strano, non saprei descriverlo. E mentre passavo i controlli di sicurezza dentro di me pensavo a come sarebbe potuta essere la mia nuova vita da quel momento in poi. Dopo aver ritirato il mio bagaglio a mano e passato tutti i controlli senza nessun problema, avevo iniziato a dirigermi verso la zona del mio gate. Ricordo però una scena che sicuramente rimarrà nel mio cuore e nella mia mente per sempre. Infatti, mentre camminavo immersa nei miei pensieri, a un certo punto avevo alzato la testa e, girandomi per guardare di lato, avevo visto che alla mia sinistra c’era una grossa vetrata e, proprio al di là del vetro, i miei genitori che mi stavano guardando andar via. Potrebbe sembrare una scena del tutto insignificante, ma per me, invece, aveva avuto un significato importante e un effetto immediato. In quel momento, mentre guardavo i miei genitori dall’altra parte del vetro, avevo realizzato che stavo davvero per partire, che ormai non potevo più tornare indietro e che, da quel momento, avrei potuto contare solo ed esclusivamente sulle mie forze. Con un gesto di mano li avevo salutati un’ultima volta, poi mi ero girata e avevo preso le scale che conducevano al mio gate.
Da quel momento in poi il tempo mi era sembrato scorrere in fretta e in men che non si dica mi ero ritrovata seduta nel mio posto in aereo. Non ero mai salita su un aereo così grande e quindi mi faceva un certo effetto.
Ricordo l’accensione dei motori e il loro ronzio costante. Ricordo il segnale che indicava di allacciarsi le cinture. Ricordo le hostess che ci mostravano le uscite di sicurezza. Ricordo le manovre dell’aereo per raggiungere la pista. Ricordo quell’accelerazione che mi teneva ben incollata allo schienale del sedile, ricordo il decollo che mi aveva dato quel senso di vuoto allo stomaco…
Avevo chiuso gli occhi: il mio sogno stava iniziando!
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