Sbucato fuori dal Museo Copernicano dell’Osservatorio Astronomico di Roma, dove io e Giangiacomo Gandolfi eravamo finiti per supportare la diretta EduINAF condotta – con il consueto brio e la conosciuta sapienza – da Federica Duras, la cosa che mi ha subito e pienamente colpito è stata lei, la Luna. Era lì, sopra quella che – con ogni probabilità – è la terrazza su Roma più bella ed ampia che c’è, quella di Monte Mario. Ed era strana, ed era magnifica.
L’eclissi ancora in corso, quella che avevamo commentato nelle quasi due ora di diretta. Ma l’avevamo vista dietro lo schermo. Bello senz’altro, e utile per molti, che magari per condizioni atmosferiche sfavorevoli non l’avrebbero potuta godere. Tanto è vero che la diretta di EduINAF ha avuto un numero sorprendente di visioni: al momento in cui scrivo, siamo sulla soglia delle 176.000 visualizzazioni, in appena un paio di settimane. Niente male per una diretta di un evento astronomico, no?

Le persone lo sentono, che l’astronomia ha a che fare con qualcosa di importante, per la vita. Le persone lo sanno, che è necessaria per un mondo migliore: se vogliamo mantenere la pace nelle regioni di conflitto, non dobbiamo inviare soldati ma astronomi, sono parole di Andrè Brahic, scopritore degli anelli di Nettuno. E per meno di questo, non varrebbe occuparsene, oggi.
Ho scritto che la cosa che mi ha colpito è stata la Luna. Vederla diversa, vederla con i miei occhi senza l’interposizione di nulla di artificiale, mi ha davvero preso e scosso, oltre le mie aspettative. Chissà, forse perché siamo ormai abituati al fatto che quello che arriva su uno schermo può essere stato manipolato in diecimila modi, tanto che da tempo non sappiamo più se e cosa è reale (facendo per ora finta di padroneggiare il significato di questo termine). Da anni, nessuna foto e nessun filmato è ormai credibile di per sé, tutto è manipolabile. In un tempo di connessioni virtuali potenzialmente infinite, l’esperienza diretta torna paradossalmente ad avere un valore decisivo, dirimente.
Vedere la Luna opaca, di colore diverso da come l’ho ammirata mille e mille volte, da come l’ho anche descritta, è stata un’emozione non prevista, mi ha infuso un senso di straniamento, limpido ma non timoroso, carico di aspettative. Qualcosa sta cambiando, in cielo: ora cosa cambierà per me? Perché abbiamo un bel dire che il cielo non è stazionario, da tempo non lo è (da quando, con Einstein, Lamartre ed Hubble, abbiamo iniziato a pensarlo e vederlo così), abbiamo un bel parlare del fatto che siamo in espansione accelerata, che tutto cambia continuamente. Se non vediamo qualcosa veramente diverso e lo vediamo con i nostri occhi, anche tutto il quadro cosmologico contemporaneo rischia di rimanere una meravigliosa astrazione.
Le cose esistono se ti toccano. Questa semplice verità è ovviamente ben nota ai poeti, che ce l’hanno presente anche quando parlano dei fenomeni celesti. Così fa Emily Dickinson, quando parla del tramonto:
Leaping like Leopards to the Sky
Then at the feet of the old Horizon
Laying her spotted Face to die
Stooping as low as the Otter’s Window
Touching the Roof and tinting the Barn
Kissing her Bonnet to the Meadow
And the Juggler of Day is gone
Poesia che mi azzarderei a tradurre così:
Salta nel cielo come un leopardo
Infine, ai piedi del vecchio orizzonte,
depone il volto maculato, per morire.
Si china fino alla finestra di cucina
Sfiora il tetto e colora il granaio
Bacia il prato con il suo cappello
Così il giocoliere del giorno, sparisce.
Questo è un Sole che gioca con tutto ciò che è sulla Terra, tutto ciò che è propriamente nell’orbita stretta della nostra esperienza. Ci gioca fino a che gli è possibile, ci gioca fino al momento in cui il vecchio orizzonte gli impone di sparire. Di morire, almeno per qualche ora.

Anche l’eclisse, dunque, esiste (in me, nei miei pensieri) fino a che mi tocca, mi coinvolge, distorce felicemente i miei usuali transiti di pensiero, imponendosi come cosa nuova e richiamando la mia attenzione. Dopo, come quasi tutto, rischia di svanire, rischia di esistere sempre un po’ di meno, al passare del tempo. Ogni emozione si stempera, lascia spazio ad altro.
Emily, manco a dirlo, già lo sapeva.
And then – the streets stood still –
Eclipse – was all we could see at the Window
And Awe – was all we could feel.
By and by – the boldest stole out of his Covert
To see if Time was there –
Nature was in an Opal Apron –
Mixing fresher Air.
che proverei a tradurre in questo modo, variando un poco la bella traduzione di Giuseppe Ierolli
E d’un tratto – rimanessero immobili –
Eclisse – era tutto ciò che potevamo vedere in Finestra
E Soggezione – era tutto ciò che potevamo provare.
Dopo un po’ – il più ardito sgusciò dal suo Riparo
Per controllare se il Tempo fosse là
La Natura in Grembiule d’opale –
Impastava Aria nuova.
Questa Aria nuova, portata dall’eclissi, è il dono celeste da non sprecare, è l’irruzione – gentile ma potente – del cosmo dentro le nostre vite distratte. È una possibilità, bella da considerare, per una via nuova, una vita nuova.
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