Aggiornato il 26 Novembre 2021
Le comete sono state un mistero fino a tempi relativamente recenti. Fu solo negli anni 50 del Novecento che l’astronomo americano Fred Lawrence Whipple formulò l’ipotesi (confermata poi da numerose evidenze sperimentali) che le comete siano un conglomerato di acqua ghiacciata, rocce e polveri, con la presenza di molti elementi e molecole interessanti, un modello da quel momento noto a tutti col nome di dirty snowball, in parole povere un’enorme palla di neve sporca. L’era delle missioni spaziali ha poi reso le comete sempre più vicine. Nel 1986 la sonda Giotto è riuscita ad avvicinarsi per la prima volta alla cometa di Halley a una distanza di soli 513 Km. Successivamente nel novembre del 2014, nell’ambito della missione Rosetta, il modulo Philae ha finalmente raggiunto e si è posato per la prima volta sulla superficie di una cometa.
Adesso è patrimonio comune che le comete siano corpi celesti che viaggiano nel sistema solare su orbite molto eccentriche. Può risultare quindi sorprendente sapere che dall’antichità greca fino al Rinascimento, con rare eccezioni, invece si era convinti che le comete fossero addirittura un fenomeno atmosferico, un po’ come le nuvole o i lampi durante un temporale. Secondo la filosofia di Aristotele infatti i cieli sarebbero caratterizzati dalla perfezione e dalla immutabilità . In accordo con questa ipotesi, le comete, essendo oggetti di estrema transitorietà , non possono quindi far parte dell’insieme dei corpi celesti, ma devono appartenere al mondo terrestre e sublunare. Fu solo con le precisissime osservazioni della Grande cometa apparsa nel 1577 che l’astronomo danese Tycho Brahe dimostrò per la prima volta che quella cometa non si muoveva affatto nella sfera sublunare, e che anzi la sua distanza dalla Terra doveva essere grande, almeno sei volte quella della Luna. Da quel momento le comete occupano stabilmente il loro posto tra i fenomeni astronomici avendo abbandonato definitivamente quelli meteorologici.
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