Aggiornato il 13 Aprile 2021
Descrizione
Riconoscibile dal pentagono formato dall’unione delle sue stelle che appaiono più luminose includendo anche la stella Beta del Toro.
Oggetti celesti più importanti
Alpha Aurigae, nota come Capella ovvero “capra”, è la sesta stella in apparenza più luminosa del cielo e dista 42 anni luce dal Sole.
Epsilon Aurigae, è una binaria a eclisse con periodo di 27 anni, il più lungo finora conosciuto per questo tipo di binarie; la stella visibile orbita attorno ad una compagna il cui raggio risulta essere 2000 volte quello del Sole, ovvero quasi un miliardo e mezzo di km, una delle stelle più grandi tra quelle a noi note.
Insieme con Eta e Zeta Aurigae costituisce un triangolo noto come naso dell’Auriga. Nel mondo anglosassone le tre stelle sono anche note come i tre capretti, the three kids, con un possibile riferimento al mito della capra Amaltea che allattò Zeus insieme ai suoi due capretti.
M36, M37, M38 sono tre ammassi aperti composti per lo più da stelle blu, ovvero stelle relativamente giovani.
M37 è il più grande contenendo circa 150 stelle di cui una dozzina sono giganti rosse, cioè stelle più anziane delle altre, da cui si deduce che dei tre ammassi sia anche il più vecchio.
Mito
Come per molti altri miti in cielo, anche per la costellazione dell’Auriga si trovano nella tradizione greco-romana varie versioni. Secondo il mito più noto, l’Auriga nel cielo è Erittonio, leggendario re di Atene, figlio di Efesto, meglio noto con il suo nome romano di Vulcano. Erittonio, cresciuto dalla dea della saggezza Atena, patrona di Atene, è noto per essere stato il primo ad addomesticare i cavalli e a porli alla guida di un carro, come quello del Sole guidato dal dio Apollo. Per questa sua meritoria impresa, Zeus decise di porlo nel cielo come costellazione a imperitura memoria del suo ingegno.
Il secondo mito identifica la costellazione con Mirtilo, l’auriga del re Enomao. Quest’ultimo aveva una figlia, Ippodamia, e volendola mantenere con sè il più a lungo possibile ideò una sfida impossibile da vincere per i suoi pretendenti. Enomao, infatti, aveva deciso di concedere in sposa Ippodamia a colui che, in una corsa di carri, sarebbe riuscito a raggiungere Corinto prima che Enomao, a bordo del carro guidato da Mirtilo, li raggiungesse e staccasse loro la testa a colpi di spada. Avendo, però, Enomao il carro più veloce e l’auriga migliore della Grecia, non perse mai alcuna sfida, fino a che non giunse alla sua corte Pelopio, il bel figlio di Tantalo.
Ippodamia si innamorò a prima vista del giovane e andò da Mirtilo pregando di perdere la sfida. L’auriga, che era segretamente innamorato di Ippodamia, acconsentì e sabotò il carro: durante la corsa le ruote si staccarono e il re Enomao perse la vita.
A questo punto Pelopio ebbe la splendida idea di gettare in mare Mirtilo, che senza il re era di fatto diventato un suo rivale per il cuore di Ippodamia. E anche l’auriga morì, nel suo caso annegato, non prima di maledire Pelopio e tutta la sua famiglia.
Dopo questi tragici fatti, il padre di Mirtilo, il dio Ermes, il Mercurio dei romani, decise di porre nel cielo la figura del figlio nelle fattezze della costellazione dell’Auriga.
Tra gli altri miti minori c’è anche quello citato in precedenza, evidentemente molto amato dalla tradizione anglosassone, della capra Amaltea, rappresentata dalla stella Capella, che allattò il neonato Zeus, abbandonato sull’isola di Creta, insieme con i suoi due capretti. L’Auriga della costellazione porta, allora, sulle spalle Amaltea e i “tre capretti” che ha allattato.