Giusto vent’anni fa (era il 2 marzo 2004) veniva lanciata la sonda Rosetta con lo scopo di raggiungere la cometa Churyumov-Gerasimenko, obiettivo conseguito, dopo dieci anni di volo, nell’agosto del 2014.
Parte importante del progetto era quello di portare un lander proprio sulla superficie ghiacciata della cometa, cosa non banale a causa della debolissima gravità, circa un millesimo di quella presente sulla superficie terrestre. La cometa, di forma irregolare, infatti ha dimensioni davvero ridotte, e potrebbe stare dentro una scatola di 4 km di lato.
Così, il lander Philae, sganciato dalla sonda Rosetta il 12 novembre 2014, ha raggiunto la cometa dopo una caduta libera di circa 7 ore. Philae doveva impattare sulla superficie a una velocità molto bassa, compresa tra 4 e 5 km/h, altrimenti sarebbe sfuggita nello spazio e si sarebbe allontanata per sempre. La velocità di fuga dalla cometa è infatti dell’ordine di qualche metro al secondo, sostanzialmente la stessa velocità che si ha quando si fa una passeggiata con tutta calma. Basterebbe uno starnuto per sfuggire al campo gravitazionale della cometa! In effetti per permetterne l’ancoraggio e garantire l’adesione alla superficie nonostante la bassissima gravità, il lander era stato equipaggiato con due arpioni.
Purtroppo questi non hanno funzionato e Philae è rimasto precariamente agganciato alla superficie della cometa in una posizione che gli ha impedito di fare le trivellazioni con i trapani in dotazione e raccogliere campioni da analizzare.
Tuttavia, a parte questo incidente e alcuni imprevisti, la missione Rosetta è stata un successo e ha contribuito in modo importante ad aumentare la nostra conoscenza delle comete. La missione si è conclusa nel 2016 e adesso anche Rosetta insieme al suo lander Philae staziona silenziosa sulla superficie della cometa Churyumov-Gerasimenko.
Non è poi così facile sbarcare su una cometa
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