parole tante quante si deve,
senza retorica né schiamazzi,
senza virgole né svolazzi,
senza metafore né unicorni
senza ammicchi nei dintorni,
senza social, meme e reel
rinunciando al sex appeal,
senza pronunce in corsivo
senza un jingle ricorsivo.
Ecco la storia: trama aperta,
tutto è possibile, la fine incerta.
Inizio: un battito di ciglia,
cala il sipario. Ma che mi piglia?
Chiudete gli occhi e osservate:
dentro di voi, storie sterminate.Da I camaleonti storditi e altri racconti, di Pablo Luiz Quinde Chamorro
Gianni Rodari aveva fantasia, ma cosa significa esattamente? E perché la sua fantasia “funziona”? E poi con chi funziona e quando? Credo che sia capitato a tutti noi di provare quel senso di patetico che provoca imbarazzo, tanto inteso da arrivare a quel disagio che caratterizza il cringe, quando, nel contesto sbagliato, si legge una filastrocca o un “errore creativo” di rodariana memoria. Forse oggi si chiamerebbe cringe, una sensazione che ha a che fare con l’imbarazzo. Per esempio:
Questo genere di argomentazione si definisce contro-fattuale, ed è un po’ la base della creazione fantastica. Si tratta di riuscire a prendere in considerazione pattern molto distanti da tutto quel che si è visto fino a quel momento. A chi piace?
Secondo una delle teorie cognitive più accreditate, quella degli schermata e degli scripts, l’essere umano nei primi anni di vita immagazzina una serie di mappe concettuali o di situazioni statiche. Per esempio, l’idea di cane e dei suoi attributi principali, delle sue relazioni, che piano piano si arricchiscono. A me, questa situazione ricorda quella delle forme di Platone: solo che, invece di essere innate, sono legate all’esperienza.
Tutto questo accade entro i primi 3 anni di vita: come se i bambini creassero un loro proprio archivio fotografico commentato: una galleria di identikit che schematizza tutto quel che hanno intorno. E se è davvero così, chissà che il grande successo delle collezioni di figurine fra i bambini e le bambine di 6-10 anni non dipenda proprio da questa tendenza primigenia di homo sapiens: la mappatura del mondo attraverso immagini statiche.
Solo che il cervello umano è come un bosco nel quale i pensieri passano frequentemente: tanto più spesso percorrono un sentiero, tanto più quel sentiero viene ribadito e approfondito. E tanto meno se ne percorrono altri diversi: il cane abbaia e ci corre incontro felice. Non si alza sulle zampe di dietro e canta l’Inno di Mameli. Né viene assalito da una signora con l’ombrello. E questo è il motivo per cui i mass media hanno successo: sono un diario delle trasgressioni, di racconti di “persone che azzannano cani”. Capite perché sono sempre sopra le righe? O perché il tanto di buono che accade nel quotidiano non fa notizia? Il cervello è attivato da quel che non va, che non funziona. E il demone dei media è raccontare quello che sorprende il cervello.
Ma torniamo al sentiero battuto: si tratta di mappare, in questo caso, le evoluzioni più probabili. Data una situazione, in che modo si evolve in un’altra situazione? Il cervello, esposto, a tanti esempi, li mette in relazione, stabilisce un prima e un dopo, stabilisce la causalità, la necessità e il gioco è fatto. Non dobbiamo sorprenderci se siamo pieni di stereotipi: sono sentieri battuti spesso, frequentati. Luoghi comuni, appunto.
Facciamo allora un altro passo indietro: le filastrocche e il cringe.
Il bambino di tre anni possiede tanti schermata e ben pochi scripts. Se non ci sono scripts, non ci sono aspettative, non ci sono pregiudizi, non ci sono evoluzioni più probabili. La signora con l’ombrello forse si ripara dal sole, forse sta per essere portata sulla Luna da un vento leggero che soffia dalla sua destra, forse sta per azzannare un cane o per mangiarsi una stella.
Chi lo sa.
Accettare come possibile l’improbabile: questa può essere la salvezza dell’umanità. O la sua maledizione. A noi la scelta, sperando di abbandonare strade già battute.
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