Aggiornato il 28 Novembre 2024
Ideato nel 1929 dal fumettista belga Hergè, Tintin fa il suo esordio il 10 gennaio di quell’anno sulle pagine del settimanale illustrato Le Petit Vingtième, supplemento al quotidiano Le vingtième siècle, dove le sue avventure compaiono fino al 1942 per poi continuare su Le Soir Jeunesse, supplemento a Le Soir, fino al 1946. Da quell’anno, visto il successo crescente del personaggio, fa il suo esordio Le Journal de Tintin, dove Hergè e i suoi collaboratori proseguono le avventure del piccolo giornalista in maniera più libera e indipendente rispetto all’esperienza con un editore esterno.
Le storie, dopo la loro prima pubblicazione, venivano successivamente ristampate in volumetti cartonati, spesso rimontate e ridisegnate in alcune parti, all’incirca un anno dopo (mese più mese meno) la loro serializzazione su rivista, di fatto ideando non solo la così detta linea chiara, ma anche il formato alla francese di albi di grandi dimensioni sostanzialmente strutturati da due semitavole con 9 o più vignette per ciascuna metà , figlio del rimontaggio dalla rivista all’albo. Ovviamente in questa versione c’erano delle deroghe a tale struttura rigida, come nel caso di vignettone che prendevano mezza tavola o i 2/3 e, in rari casi, delle vere e proprie splash page (illustrazioni a tutta pagina).
Il successo della serie era essenzialmente dovuto a due grandi ingredienti: l’intreccio narrativo di ciascun episodio, che di fatto ricade nel genere spionistico, e la precisione nelle illustrazioni e nelle ambientazioni. Hergè, infatti, si preparava per ogni storia costruendosi una ricca e precisa documentazione che gli permetteva non solo di fornire illustrazioni dettagliate dei luoghi, ma anche degli oggetti utilizzati dai suoi personaggi. Per contro questi erano ritratti con pochi e semplici tratti morbidi e rotondi, molto chiari e ben marcati (da cui la definizione di linea chiara di cui sopra), al limite della caricatura.
Tranne rari casi, il corpus delle avventure di Tintin si raccoglie tutto in albi autoconclusivi. Tra le poche eccezioni ricadono Obiettivo Luna e Uomini sulla Luna, che costituiscono di fatto un’unica vicenda di grande respiro, che però ebbe anche una storia editoriale un po’ travagliata.
Nel segno della Sildavia
Nota anche come Il regno del Pellicano Nero, la Sildavia è un piccolo staterello alle porte dell’Europa dell’Est ideato da Hergè sulle pagine de Lo scettro di Ottokar. Ed è proprio in Sildavia che, su richiesta del professor Girasole, si recano Tintin, il capitano Haddock e l’inseparabile cagnolino Milou. I tre, al loro arrivo, scoprono che la Sildavia è la sede di un complesso laboratorio scientifico diretto da Girasole che anticipa il CERN, che sarebbe stato fondato nel 1954, ovvero poco dopo l’uscita del secondo volume di cui è costituita la vicenda che porta Tintin e compagni sulla Luna. Il progetto principale del laboratorio Sildaviano, però, non è la ricerca nucleare, ma quella spaziale: l’obiettivo di Girasole è, infatti, arrivare sul nostro satellite.
Hergè, sempre attento all’attualità che lo circonda, utilizzata per dare verosimiglianza alle avventure del suo scapestrato personaggio, ha in effetti anticipato la più che ovvia conclusione di quella prima era spaziale, inaugurata dallo Sputnik nel 1947: la conquista della Luna da parte degli esseri umani. In questo senso, in effetti, l’aspetto più interessante delle due parti dell’avventura è come, durante la lunga e travagliata gestazione della storia, la tecnologia non sia sostanzialmente cambiata. Infatti la serializzazione di Obiettivo Luna si interruppe quando la storia era ormai giunta fino ai 2/3 dello sviluppo, per poi riprendere all’incirca un anno dopo. E in questo lasso di tempo la tecnologia principale dei razzi (o lanciatori) era ancora quella principe e l’idea di utilizzare razzi con più stadi non era stata sviluppata. Non è un caso, dunque, che Hergè e collaboratori idearono un razzo a stadio unico per raggiungere il nostro satellite, mosso da uno speciale motore nucleare sviluppato da Girasole stesso. È evidente il contrasto rispetto al progetto Manhattan che sviluppò l’energia nucleare per la costruzione di una bomba e come la conclusione della seconda guerra mondiale aveva aperto le porte a una nuova era dove anche l’energia nucleare poteva diventare un attore fondamentale nella storia.
La stessa scelta della Sildavia come sede dei laboratori di Girasole è anche indicativa dell’idea generale diffusa sulla corsa allo spazio: l’Unione Sovietica (dunque l’Est Europa) era in forte vantaggio tecnologico rispetto agli Stati Uniti, dunque lo staterello di confine tra Oriente e Occidente ideato dal fumettista belga era il perfetto compromesso tra la forza sovietica e le inclinazioni più occidentaliste dell’autore. Questo non vuol dire che la guerra fredda non sia presente nella vicenda: in effetti la spy story intorno ai progetti di Girasole è una delle colonne portanti dei due volumi.
Ovviamente l’altro grande argomento è la conquista dello spazio, con tutta la scienza e la tecnologia di base per compiere tale impresa. In questo caso, come detto, la documentazione è precisa, sia grazie alle letture dell’autore e dei suoi collaboratori, sia grazie al contributo di consulenti del campo. Questo ha permesso ad Hergè di proporre ai suoi lettori ambienti molto precisi e dettagliati, mentre le interazioni dei personaggi con lo spazio vuoto e “privo” di gravità sono fisicamente coerenti. L’unico difetto, però, è la posizione degli astronauti all’interno del veicolo spaziale al momento della partenza, basato su uno studio del 1948 realizzato dalla US Air Force per stabilire la migliore posizione per i piloti sottoposti ad accelerazioni elevate: il problema è che Hergè ha scelto il modello per i voli quasi orizzontali. Altrettanto degna di nota è, poi, la strumentazione che Girasole ha portato sulla Luna, mentre gli ambienti rocciosi del nostro satellite sono rappresentati a partire dalle illustrazioni di Chesley Bonestell.
Obiettivo Luna e Uomini sulla Luna, che potrebbero essere riuniti sotto l’unico titolo di Tintin sulla Luna, sono ormai un classico della letteratura disegnata, che presenta uno spaccato abbastanza ben preciso e dettagliato dello stato dell’arte della ricerca tecnologica all’incirca a metà degli anni Cinquanta del XX secolo. Il tutto con una veste appassionante, ma anche divertente e leggera grazie agli intermezzi comici del duo Girasole-Haddock.
Edizioni consigliate
Come per molti classici della letteratura e del fumetto, anche i due episodi separati hanno avuto diverse edizioni sia in patria sia in Italia. Una delle migliori in assoluto è quella uscita nel 2017 all’interno della ristampa integrale abbinata a Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport. Ogni volume dell’edizione, versione italiana dell’analoga francese curata da Jean-Marie Embs e Philippe Mellot, è ricco di informazioni storiche, di approfondimenti sul materiale utilizzato da Hergè e delle vignette e delle strisce dell’edizione per rivista che sono state tagliate nel passaggio all’edizione in albo. Tale pratica era diretta conseguenza del formato fisso con cui l’autore decise di ristampare le avventure di Tintin in volume: 68 pagine.
I due episodi sono poi stati riuniti in un unico volume celebrativo, Tintin sulla Luna, pubblicato nel 2019 da Rizzoli, che ha acqiuisito i diritti per il personaggio a partire dal 2011, pubblicandolo con il marchio Rizzoli Lizard. Le edizioni in volume precedenti sono state curate prima dalla Gandus (8 volumi non cartonati tra il 1977 e il 1986) e poi tra anni Ottanta e Novanta del XX secolo da Comic Art prima e De Agostini poi.
Abbiamo parlato di:
Tintin sulla Luna
Hergè
Rizzoli, luglio 2019
128 pagine, cartonato – € 25,00
ISBN: 9788817139670
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