Aggiornato il 28 Novembre 2024
Il 6 marzo del 1869 Dmitrij IvanoviÄ Mendeleev presentava alla Società Chimica Russa il risultato di anni di lavoro: una tabella che metteva in ordine gli elementi chimici noti all’epoca utilizzando il peso atomico come proprietà principale. Nota come tavola periodica, non era l’unica che venne realizzata all’epoca, ma fu quella che alla fine vinse sulle altre, un po’ per le capacità di Mendeleev di imporre la sua creatura, anche grazie a un carattere che, si dice, non era molto accomodante (oltre che a un’indubbia capacità di leggere anche i risultati dei chimici sperimentali); un po’ per le capacità predittive della tavola stessa.
Dietro ognuno degli elementi che occupano ciascuna casella della tavola c’è, però, una storia spesso interessante fatta non solo di scienza (le proprietà chimiche e fisiche degli elementi, l’uso nella vita quotidiana, ecc.), ma anche per le vite dei ricercatori, chimici e fisici, che hanno studiato ciascuno degli elementi.
Il cucchiaino scomparso di Sam Kean è esattamente questo: una raccolta di storie appassionanti sugli elementi e sulla chimica suddivise in grandi aree tematiche, che vanno dalla geografia alla struttura atomica, alla biologia e alla medicina, senza dimenticare politica ed economia.
Kean arricchisce il libro di molti aneddoti, alcuni semplicemente curiosi e interessanti, altri addirittura appassionanti, come ad esempio la storia della figlia di Gerhard Domagk. Questi era uno dei più grandi microbiologi dell’epoca. Lavorava presso la I.G.Farbenindustrie a un colorante rosso che però aveva mostrato di essere in grado di curare le infezioni nei topi. Così quando la figlia di Domagk rischiava di perdere un braccio o la vita a causa di un ago che le si era conficcato nel palmo della mano, lo scienziato non ebbe alcuna esitazione, sottoponendo la figlia a un’iniezione del prodotto che stava testando. Il successo dell’esperimento diede in pratica il via alla nascita dei sulfamidici, non senza qualche strascico polemico, un po’ per il protocollo non certo ortodosso utilizzato da Domagk, un po’ per il tentativo della Farbenindustrie di mantenere il brevetto sul prodotto chiuso. La scienza, per fortuna, trova sempre la sua strada, alla fine.
Tra le storie curiose, invece, ecco quella del gilet bianco da Nobel, indossato sia da Edwin McMillan sia da Emilio Segrè nelle loro rispettive cerimonie per la consegna del premio Nobel, ottenuto rispettivamente per la chimica nel 1951 e per la fisica nel 1959. Non era solo il gilet a unire i due, ma anche l’aver contribuito ad arricchire la tavola periodica degli elementi con nuove scoperte: gli elementi transuranici per McMillan e il tecnezio per Segrè, sebbene la scoperta più nota di quest’ultimo è indubbiamente quella dell’antiprotone.
Il gilet bianco, nel frattempo, è stato indossato anche da altri premi Nobel nel corso dei decenni successivi, tutti in qualche modo collegati ai Laboratori di Berkeley, dove McMillan era una delle colonne portanti.
La storia più curiosa di tutte è, però, quella di Stan Jones che per anni ha assunto argento a causa degli effetti antisettici di tale metallo sull’organismo umano. L’unica controindicazione è il colorito blu-grigiastro della sua pelle.
Se consideriamo che l’universo che conosciamo è appena il 5% dell’universo che ignoriamo, e che la maggior parte di questo 5% è costituito soprattutto da idrogeno ed elio, capite bene come il libro di Sam Kean è il racconto appassionante di una porzione piccolissima di quello che è oggi l’universo, ma anche una porzione estremamente importante per noi che lo leggiamo, perchè è su di essa che si basa il mondo che sperimentiamo ogni giorno.
Abbiamo parlato di:
Il cucchiaino scomparso
Sam Kean
Traduzione di Luigi Civalleri
Adelphi, 2014
409 pagine, brossurato – € 13,00
ISBN: 9788845929007
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