È fin dall’inizio dell’anno che si attende questo mese, perché è proprio in questi giorni che la cometa Tsuchinshan-ATLAS, dopo aver raggiunto il perielio il 27 settembre ed arrivando al perigeo il 12 ottobre, dovrebbe finalmente diventare visibile ad occhio nudo. La sua luminosa presenza in concomitanza del nuovo anno scolastico sia per ogni alunno e per tutti i docenti un astronomico augurio di un buon inizio e sappia ispirarli nella partecipazione al concorso EduInaf Universo a Scuola, quest’anno alla sua seconda edizione.
Quando e dove cercare la Cometa Tsuchinshan-ATLAS
In queste 4 settimane la bella cometa scodinzolerà tra le costellazioni del Leone, della Vergine, del Serpente e dell’Ofiuco: la si potrà scorgere all’alba ad Est fino al 9 di ottobre e da quel giorno sarà poi osservabile al tramonto ad Ovest. Secondo gli ultimi pronostici c’è la remota possibilità che possa raggiungere una magnitudine negativa, così da regalarci un bello spettacolo!(1)Per gli aggiornamenti consiglio di seguire Giuseppe Donatiello
A causa della bassa elongazione sarà tuttavia difficile trovarla nei giorni di massima luminosità, tuttavia non dovrebbe essere così impossibile riuscire ad ammirarla almeno con un binocolo nei giorni immediatamente precedenti e successivi, a patto di cercarla sotto un cielo limpido e sgombro da ostacoli. Nel seguirla potremmo facilmente verificare come la sua sia solo l’ennesima coda che si aggiunge alla volta celeste perché in effetti sono molti i personaggi delle costellazioni che ne possiedono una.
A caccia di code nel cielo del mese
Lasciando da parte la costellazione del Pavone invisibile dalle latitudini italiane e che pur portando il nome dell’animale con la coda più bella del regno animale, si rivela in realtà decisamente poco appariscente nel cielo, la coda più famosa della volta celeste è sicuramente quella rappresentata dalle tre stelle del Timone del Grande Carro e che per i Greci disegnavano la Coda dell’Orsa Maggiore: ancora oggi la stella più debole di quei Septem Triones porta infatti il nome Megrez, termine che deriva dalla frase araba “base della coda della grande orsa“.
Tutti avranno notato quanto quel Manico sia effettivamente troppo lungo per rappresentare il piccolo codino di un orso; eppure nessun mitologo dell’antichità si è mai fermato a spiegare il senso di tale stranezza anatomica. Lo farà solo nel XVI secolo Thomas Hood, che non riuscendo a trovare altre spiegazioni, affermò che l’allungamento fosse avvenuto quando Zeus pose Callisto tramutata in orsa nella volta celeste, dopo averla cioè afferrata con la coda e scagliata nel cielo con troppa irruenza.
Lo stesso fenomeno si verifica nella costellazione dell’Orsa Minore e infatti nella tradizione egizia era giustamente fatta coincidere con Anubi, immaginato come uno sciacallo dalla lunga coda. In rete qualcuno riporta che la stella Epsilon di questo asterismo si chiami Urodelus, dal greco Coda vistosa; un dettaglio però non corretto, almeno secondo Ian Ridpath, uno dei maggiori esperti della storia delle costellazioni, che lo considera invece, assieme a molti altri, un falso nome associato a una stella.
Tra le due code delle Orse si estende nel cielo anche quella del Dragone: un trittico di code sempre visibili dalle nostre latitudini perché circumpolari. Ma è solamente l’inizio! In queste sere immersa nelle luci del crepuscolo, troviamo ancora la velenosa coda dello Scorpione, rappresentata dalla stella Shaula che in arabo significa Pungiglione e a Sud-Ovest c’è pure l’asterismo della Coda del Serpente, parte di quell’unica costellazione della volta celeste letteralmente divisa in due parti dall’Ofiuco, il Serpentario, che regge tra le mani la Testa e la Coda del sinuoso animale: la stella visibile alla fine di questa coda porta ancora oggi il nome Alya, che deriva da un termine arabo che indica la Grassa Coda di una particolare razza di pecora.
Alzando lo sguardo scorgiamo nel Cigno la stella Deneb, dall’arabo Dhanab, Coda, ma che per gli arabi apparteneva ad una meno poetica gallina; mentre a Sud, basse all’orizzonte ci sono Deneb Algedi e Deneb Kaitos – altro nome di Diphda – che rappresentano rispettivamente la Coda del Capretto (il Capricorno) e la Coda della Balena. A limite delle latitudini italiane infine, ci sono le stelle Aldhanab e ad Alnair, rispettivamente La Coda e La Luminosa … della coda, oggi poste nella costellazione della Gru, ma che alcuni secoli fa qualcuno associò al Pesce Australe, l’animale che assieme all’Eridano, al Capricorno, ai Pesci e al Mostro marino sembravano provenire dall’antica costellazione dell’Acqua e che insieme all’Aquario costituiscono l’asterismo delle Acque Celesti.
Solo chi avrà la pazienza di aspettare il sorgere del Leone potrà ammirare già in questo mese la più bella coda della volta celeste. Non mi riferisco però alla stella Denebola che oggi disegna ufficialmente la Coda del Leone, ma all’ammasso di stelle MEL111, che sotto cieli bui è visibile ad occhio nudo all’interno di quella costellazione che rappresenta invece una “coda … umana”, Chioma di Berenice. Gli arabi chiamavano quell’ammasso Al Hulba, Il Ciuffetto, perché nella loro tradizione costituiva l’estremità della coda del leone: secondo il mito, proprio con quella coda, il felino riusciva a spaventare alcune Gazzelle che si trovavano vicino ad uno stagno e che, a loro volta, cominciando a scappare, finivano per lasciare le impronte dei loro balzi nella volta celeste, identificabili nelle tre coppie di stelle che oggi rappresentano le zampe dell’Orsa Maggiore.
Da tutti questi esempi diventa chiaro come molti nomi stellari siano tra loro molto simili semplicemente perché derivano dallo stesso termine che descriveva la posizione che la stella occupava nell’immagine della costellazione ed ancora di più ci rivelano come nella volta celeste siano talvolta proprio i piccoli dettagli a diventare l’inaspettato punto di partenza attorno a cui veniva tessuta una dettagliata storia mitologica, come accade appunto con la coda del leone arabo.
Luna, pianeti…
In queste sere Venere e Saturno ci accompagneranno fin dal tramonto del Sole: il primo lo troveremo nelle luci del crepuscolo nei panni di Stella della sera; il secondo sarà invece visibile ad Est, giorno per giorno sempre più alto. Giove e Marte sorgeranno nella seconda parte della notte, mentre Mercurio, pur presente nel cielo serale, sarà davvero difficile da scorgere senza almeno un binocolo, a causa della bassa declinazione che lo porterà a tramontare poco dopo il Sole.
… e congiunzioni
Questo mese sarà proprio la Tsuchinshan-ATLAS a inaugurare una serie di fenomeni interessanti: il primo ottobre la troveremo infatti in congiunzione larga con la Luna e dalla metà del mese nelle luci del crepuscolo con Venere. Il 15 sarà non lontana dall’ammasso globulare M15, il 20 nei pressi dalla stella Lambda Ophiuchi ed il 28, quando oramai avrà perso gran parte della sua chioma luminosa, sarà ad 1 grado dalla stella Cebalrai.
La sera del 14 ottobre la Luna sarà in congiunzione stretta con Saturno ed il 15 con Nettuno: i primi due saranno facilmente visibili ad occhio nudo ed apprezzabili anche al binocolo o con un telescopio a bassi ingrandimenti perché disteranno tra loro poco più di un diametro lunare apparente. Individuare Nettuno sarà invece molto più difficile anche al telescopio perché immerso nel bagliore lunare.
Sempre nelle sere del 14 e 15 ottobre il pianetino Cerere ci regalerà una congiunzione stretta con la stella Ascella del Sagittario, ma servirà comunque un telescopio per scorgerlo considerando la sua magnitudine apparente +9. Il 19 ottobre infine la Luna sorgerà assieme alle Pleiadi, ma essendo quasi piena, per riuscire ad intuire le stelle dell’ammasso bisognerà o nasconderla o ammirare il fenomeno attraverso un binocolo./p>
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