Dopo la domanda sulla velocità di propagazione dell’interazione gravitazionale, proseguiamo la serie di risposte al nostro lettore con:
La luce, o meglio le onde elettromagnetiche, potrebbero essere definite come il mezzo più veloce scelto dalla natura per trasmettere informazioni da un punto a un altro. Ciò deriva dalla teoria della relatività ristretta, sempre del grande genio di Albert Einstein. Questa teoria fu formulata per superare il problema che le leggi dell’elettromagnetismo non risultano invarianti rispetto alle trasformazioni di Galileo. L’esperimento più noto che ha messo in luce questa incongruenza è quello di Michelson e Morley del 1887: la velocità della luce non si somma a quella dell’osservatore, come invece prevedeva la legge sulla composizione delle velocità di Galileo Galilei. Alla base della nuova teoria della relatività ristretta Einstein pone due postulati:
- tutte le leggi della fisica devono avere la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziali (ovvero per osservatori in quiete o che si muovono di moto continuo uniforme gli uni rispetto agli altri);
- la velocità di propagazione della luce nel vuoto è la stessa in tutti i sistemi inerziali.
La teoria prevede quindi che nessuna particella possa essere accelerata a velocità maggiore di quella della luce. Che questa sia la massima velocità possibile per trasferire informazione, appunto tramite onde elettromagnetiche, è quindi una conseguenza dei postulati della relatività generale.
I postulati, per definizione, non sono dimostrabili, ma la teoria funziona alla perfezione, come hanno dimostrato innumerevoli esperimenti svolti fino ad oggi e lo sviluppo tecnologico che ne è derivato.
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