Aggiornato il 28 Novembre 2024
La ricerca di vita su altri corpi celesti del sistema solare è una delle sfide più importanti delle missioni spaziali più recenti, come quelle che in questi anni hanno avuto come destinazione il pianeta Marte o quelle che in futuro ci porteranno a esplorare, per esempio, alcune lune di Giove. Questa ricerca, di per sè già molto difficile, in realtà ha alcuni elementi di criticità , ai quali di solito non si presta molta attenzione.
Come possiamo essere sicuri che la vita scoperta su un altro pianeta sia realmente indigena e non il risultato di una contaminazione, magari dall’aspetto alieno, ma che in realtà ha un’origine terrestre? È possibile che qualche traccia di batterio o spora dalla Terra possa essere trasportata accidentalmente nello spazio dai veicoli spaziali e sopravvivere al viaggio per poi attecchire sui corpi celesti d’arrivo?
Ovviamente le agenzie spaziali, come la NASA o l’ESA, hanno rigidi protocolli allo scopo di ridurre al minimo la contaminazione di microrganismi che potrebbero inavvertitamente fare l’autostop in una missione spaziale. Tuttavia gli standard internazionali, per quanto rigorosi, non garantiscono una sterilizzazione al 100%.
Studi recenti evidenziano come alcuni organismi potrebbero sopravvivere al processo di pulizia e anche a un viaggio spaziale. Inoltre le specie microbiche, a causa dell’esposizione alle intense radiazioni ionizzanti nello spazio, potrebbero evolversi tanto velocemente durante il viaggio che i loro genomi potrebbero cambiare in modo straordinario e sembrare veramente extraterrestri.
Per esempio in un lavoro apparso nel 2021 sulla rivista Frontiers in Microbiology sono stati studiati quattro ceppi appartenenti alla famiglia delle Methylobacteriaceae isolati in diversi siti della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Sulla base di analisi genomiche, filogenetiche, biochimiche e degli acidi grassi è stato necessario assegnare questi ceppi a una nuova specie.
Anche il viaggio di ritorno di eventuali campioni trasportati sulla Terra non è esente da problemi sia come alterazione durante il trasporto sia come contaminazione in atmosfera o persino nei laboratori di analisi.
Il problema, però, non è solamente scientifico. Esiste anche un problema etico. Quali conseguenze potrebbe avere la contaminazione di un ambiente extraterrestre con elementi biologici provenienti dalla Terra? Sarebbe davvero pericoloso, se non addirittura catastrofico, portare qualcosa, non importa se accidentalmente o di proposito, su un altro pianeta, poichè i nuovi organismi potrebbero mettere in crisi in modo profondo l’ecosistema ospite. Ovviamente vale anche il contrario. Portare qualcosa di alieno sulla Terra potrebbe avere effetti altrettanto devastanti sul nostro ecosistema. Diventa quindi fondamentale garantire la sicurezza, la protezione e la conservazione di qualsiasi forma di vita non solo sulla Terra ma anche di quella potenzialmente esistente altrove nell’Universo. Questa nuova sensibilità ha prodotto il Planetary Protection Policy del Committee of Space Research (COSPAR), una serie di linee guida con lo scopo di impegnare i governi a evitare sia i cambiamenti pericolosi nell’ambiente terrestre causati dall’introduzione di materia extraterrestre sia la contaminazione dei corpi del sistema solare al fine di proteggere la loro integrità biologica.
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