Aggiornato il 13 Novembre 2020
Questo pianeta nano del Sistema Solare risulta interessante sotto diversi aspetti, e ha una storia che davvero vale la pena raccontare, sia pur per sommi capi. Va subito detto che si tratta di un pianeta di dimensioni rispettabili, con addirittura due satelliti al seguito. E’ considerato a tutti gli effetti un oggetto transnettuniano, ovvero oltre l’orbita di Nettuno.
Forse la prima cosa interessante è relativa alla sua stessa scoperta, avvenuta veramente di recente, nel luglio 2005. Tardissimo, per un oggetto del Sistema Solare, delle dimensioni paragonabili a Plutone! Intorno alla stessa scoperta poi ci fu una diatriba abbastanza complicata, perché due gruppi diversi (uno statunitense e uno spagnolo) ne annunciarono la presenza, a brevissima distanza di tempo. Alla fine il merito della scoperta fu attribuita al gruppo spagnolo ma il nome, in deroga alle procedure usuali, fu concesso al gruppo statunitense, che scelse appunto quello di Huamea, che rappresenta una dea hawaiana della fertilità.
Altra cosa particolare è che i dati ci mostrano un periodo di rotazione incredibilmente piccolo, addirittura inferiore alle quattro ore. Questo, oltre a farne certamente il corpo più “dinamico” di tutto il Sistema Solare (quello che gira su sé stesso più velocemente rispetto ad ogni altro sistema in equilibrio idrostatico), ne spiega anche le particolarità della sua stessa forma, che infatti risulta – all’ispezione delle varie fotografie – caratterizzata da un profilo decisamente allungato.
Il fatto che sia stato scoperto così tardi, nonostante la sua luminosità (la magnitudine assoluta è pari a 0.2, quella apparente a 17.4) lo rende peraltro il terzo oggetto più brillante della cintura di Kuiper subito dopo Plutone e MakeMake è spiegabile in parte considerando l’elevata eccentricità della sua orbita, che lo porta, per lunghi tratti, assai lontano dalla zona dell’eclittica, che è più accanitamente esplorata nella inesausta ricerca di “nuovi” corpi celesti. Secondo alcune teorie, questa rotazione particolarmente “vigorosa” potrebbe essere stata causata da alcuni urti con altri corpi solidi, dai quali poi si sarebbero originati gli stessi suoi satelliti. Per il resto la sua orbita è abbastanza usuale, per questo tipo di pianeta nano, con un periodo orbitale di quasi 285 anni, un perielio di 35 unità astronomiche, e una inclinazione che comunque si avvicina ai 30°.
La storia di Haumea ci dimostra, con piena evidenza, come il cosmo costituisca di per sé, per noi che lo osserviamo, una sorpresa continua. Spesso questo si ritiene ancor vero, ma soltanto per ambiti lontanissimi, dove possiamo sempre sperare di scoprire i segni elusivi di un remoto quasar o la debole impronta di un’onda gravitazionale, che ci raggiunge dalle regioni estreme dell’universo osservabile. Oppure con qualche evidenza di pianeti simili alla Terra, ma pur sempre lontani anni luce. Meno facile comprendere che rimane verissimo anche per lo spazio immediatamente a noi più prossimo, come appunto le stesse regioni interne al Sistema Solare. Lo spazio cosmico è davvero un “luogo di eventi” continuo e in questo è inscritto il nostro stesso tragitto di scoperta, che non ha mai fine e che si gioca, come vediamo, su ogni scala spaziale e temporale. Avendo come regola ultima, soltanto, un’affascinante e irriducibile imprevedibilità.
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