Aggiornato il 17 Agosto 2021
Eccoci giunti al quinto appuntamento con gli esperti per il progetto Destinazione Futuro. Oggi abbiamo il piacere di leggere e commentare alcune delle risposte ricevute in compagnia di Isabella Pagano, Direttrice dell’Osservatorio Astrofisico di Catania dell’INAF, esperta di pianeti extrasolari e strumentazione astronomica per lo spazio. Vista la complementarietà della ricerca di pianeti al di là del Sistema Solare con l’astrobiologia, abbiamo volutamente scelto argomenti simili a quelli affrontati nell’intervista all’esobiologa Daniela Billi, pubblicata la scorsa settimana.
Alla domanda Siamo soli nell’Universo? oltre il 77% dei partecipanti ha risposto che no, non lo siamo, anche se non ne abbiamo (ancora) le prove scientifiche. Cosa pensi di questa convinzione e come credi che si sia evoluta nel corso della storia?
L’idea che ci possano essere mondi e forme di vita “altrove” è presente già nella filosofia presocratica. C’è un’infinità di mondi, alcuni come il nostro, altri diversi… non c’è alcun motivo per non credere che negli altri mondi ci siano specie animali e piante e tutto ciò che qui vediamo (Epicuro, Lettera a Erodoto). In quell’epoca (circa 300 anni prima di Cristo) la conoscenza della natura – la φύσις, da cui deriva il nostro termine “fisica” – era molto elementare rispetto alle conoscenze di oggi; credere di non essere soli nell’Universo è quindi più un bisogno elementare dell’umanità e non il risultato dei nostri studi recenti che, seppure solo in base a considerazioni statistiche, certamente rafforzano questa idea.
Questa risposta ci riporta a un commento di ValeStefa27 che, a proposito dell’ultima frontiera dell’umanità, parla dell’Universo profondo e scrive: Certe volte mi capita di pensare “ma non è possibile che l’Universo sia infinito, tutto ha una fine” e cerco di darmi una risposta, ovviamente concludo quasi sempre con il fatto che se avesse una delimitazione dovrebbe comunque esserci qualcosa intorno ad esso. Sono quelle cose che non hanno risposta e più ci pensi e più diventi matto. Come affronta questo interrogativo chi, come te, si occupa giornalmente proprio di ricerca all’avanguardia sull’Universo, i pianeti che lo compongono e la possibilità che qualcuno di essi sia abitato da forme di vita aliene?
Chi fa ricerca in genere indaga sui meccanismi essenziali di come funzioni la natura e cerca di scoprire il come e perché accada ciò che si osserva. In questo lavoro certosino che è simile all’attività del detective, nel continuo confronto tra idee (teorie) e prove (esperimenti), difficilmente si ha il tempo di indugiare nel pensieri che “più ci pensi e più diventi matto”. Quei pensieri si lasciano forse ai filosofi, mentre ci si concentra a mettere insieme le tessere dell’immenso puzzle che è la natura. Ognuno di noi sa di essere fortunato se riesce a contribuire a questo puzzle anche se con poche tessere che si incastrano tra loro.
Destinazione Futuro nasce intorno a due anniversari legati alla fantascienza: i cento anni dalla nascita di Gene Roddenberry, creatore di Star Trek, il 19 agosto, e i venti anni dalla scomparsa di Fred Hoyle, astrofisico e autore di fantascienza, il 20 agosto. Così abbiamo chiesto ai partecipanti quali sono, secondo loro, le lezioni che la scienza può – o forse deve – imparare dalla fantascienza. A questo proposito, Odysseos scrive che nella fantascienza il protagonista è sempre l’uomo (o la donna 🙂 o l’alieno). La scienza qualche volta sembra dimenticarlo… Sei d’accordo con questa affermazione? Secondo Frida, poi, la più grande lezione da imparare è Evitare di disturbare gli alieni. Che cosa ne pensi?
La fantascienza ha la forma di un romanzo, dove è necessario che ci siano protagonisti; la scienza si occupa di studiare la natura (con o senza uomini). L’affermazione di Frida rispecchia ciò che penso possa essere la preoccupazione maggiore di una società che dovesse entrare in contatto con forme di vita aliena. È più probabile che sia la “paura”, almeno a primo impatto, a prendere il sopravvento e non la curiosità.
Tra i campi dell’astrofisica e scienza dello spazio che avranno maggior rilevanza nei prossimi decenni, molti hanno citato, oltre allo studio di materia oscura e buchi neri, l’astrobiologia, la ricerca di pianeti extrasolari e di vita extraterrestre – e poi l’esplorazione del Sistema Solare, la ricerca di nuove risorse utilizzabili, lo studio della sopravvivenza degli umani nello spazio e nuovi sistemi di propulsione che ci permettano di viaggiare in tempi molto più brevi. Sei d’accordo?
Concordo in pieno con l’analisi fatta, e aggiungerei certamente la medicina e le neuroscienze, settori che hanno recentemente iniziato ad avvantaggiarsi di una sempre maggiore diffusione di competenze tecnologiche e di analisi di big data. Gli anni che ci aspettano vedranno progredire a mio parere tutti gli ambiti in cui ci sarà la capacità di contaminarsi con saperi affini e a volte anche un po’ distanti (multidisciplinarietà) e dove il lavoro collaborativo prenderà il posto di quello competitivo tra singoli o piccoli gruppi. All’esplorazione umana dei luoghi più vicini del Sistema Solare dovranno lavorare insieme, e non in compartimenti stagni, fisici e ingegneri, medici e chimici, psicologi e neuroscienziati. Una spinta innovativa in tutti i settori verrà dal fare virtù di ciò che è necessario e non più rimandabile; la sostenibilità che non deve significare decrescita, ma un tipo di crescita con un ritorno circolare. Ciò non potrà avvenire senza il contributo di molte menti e di tanto scambio e collaborazione.
Alla maggioranza dei partecipanti che hanno risposto al nostro questionario piacerebbe incontrare un alieno. E a te? Come immagini l’incontro?
In una pièce teatrale scritta da Ivan Vyrypaev, “Ufo”, resa in forma di radiodramma la scorsa primavera da Roberto Rustioni nell’ambito del ciclo “Scienza e fantascienza dal Valle“, l’incontro con gli alieni è raccontato da un certo numero di personaggi e per ognuno di loro si capisce man mano che l’alieno è una controparte del proprio io con cui far di conto. Gli incontri in molti casi coincidono con momenti di assoluto silenzio e quasi di estasi. Il mio incontro perfetto con un alieno dovrebbe collocarsi in un posto all’aperto da dove sia possibile insieme guardare il cielo notturno, un patrimonio certamente condiviso, cui noi e “loro” abbiamo dato nomi diversi. Me lo immagino simile a un umano, ma non per forza uguale, e lo accoglierei offrendogli un dissetante bicchiere di acqua che è l’elemento “base” per la maggior parte delle forme di vita.
L’incontro che hai descritto è davvero emozionante e ricorda alcune delle risposte ricevute alla domanda su chi fra noi, in un primo contatto con gli alieni, dovrebbe comunicare e cosa dovrebbe dire. Giulia Sorrentino, in un sentimento espresso anche da altri partecipanti, scrive Non bisogna pensare a cosa dire, bisogna essere spontanei e farsi trasportare dal momento e comunicare quello che si sente capendo finalmente di non essere soli. Le fa eco Claudia, che scrive vorrei che dicesse: fratello il viaggio è stato lungo, ma finalmente ti ho trovato e non sono più solo, raccontami la tua storia e io ti racconterò come siamo arrivati fino a qui. La scoperta di non essere soli nell’Universo sarebbe una rivelazione scientifica straordinaria ma ha senza dubbio anche una forte carica emotiva. Cosa ne pensi, anche alla luce di queste risposte?
Le risposte riportate sono bellissime, ma mi chiedo se questa sarebbe davvero la reazione più comune. Come individui siamo curiosi e in genere aperti, ma come società spesso siamo chiusi e pronti a difenderci considerando il diverso/estraneo più come possibile nemico/antagonista che come fonte di arricchimento. Certo la scoperta di forme di vita altrove sarebbe un punto nella storia con un prima e un dopo. L’incontro con forme di vita aliena temo invece possa essere un momento di enorme stress per gli abitanti di questo pianeta.
Ti proponiamo il commento di Pasqua, che ci pone una domanda – o forse un auspicio: Ricordo da bambina il treno che passava sbuffando vapore e ora posso vedere la polvere di Marte alzarsi all’atterraggio della sonda. Mi manca solo un extraterrestre autentico, ce la farò? Cosa possiamo rispondere? Pensi che scopriremo evidenza di vita extraterrestre nel corso dei prossimi 15–20 anni? Se sì, di che tipo di evidenza potremmo parlare, più realisticamente?
Nei prossimi 15–20 anni potremmo essere abbastanza fortunati da rintracciare nella luce che proviene dalle atmosfere planetarie, o nei segnali radio emessi da esopianeti vicini, tracce di possibili forme di vita. Queste scoperte interesseranno pianeti a noi vicini, sempre su scale astronomiche, insomma quelli che si trovano entro alcune decine di anni luce dal Sole.
Ci racconti brevemente un progetto di ricerca in cui sei coinvolta che affronta queste tematiche?
Sto collaborando alla realizzazione della missione PLATO, un satellite dell’Agenzia Spaziale Europea, che porta a bordo 26 telescopi rifrattori con i quali cercheremo pianeti simili alla Terra che transitano davanti a stelle simili al Sole nelle nostre vicinanze. Con PLATO cercheremo di capire quanto sia “unico” il Sistema Solare, e, grazie allo studio astrosismologico delle stelle (ovvero studiando le oscillazioni stellari; ndr) che ospitano pianeti, riusciremo ad avere una visione più chiara delle dinamiche evolutive dei sistemi planetari. PLATO sarà lanciato nello spazio alla fine del 2026; dopo una lunga fase di sperimentazione già da quest’anno inizieremo la realizzazione dei modelli di volo.
Per quanto riguarda l’aspetto di ipotetiche forme di vita extraterrestri, Massimiliano Saporito dice Me le immagino abbastanza simili a noi, se non altro per il fatto che il contatto con la realtà esterna richiede appendici prensili, alta capacità di movimento e di adattabilità. D’altra parte Claudia chiosa La vita ha infinite forme che può assumere a seconda dell’ambiente e delle circostanze in cui si sviluppa, non potrei mai immaginarlo. aggiungendo prudentemente ma credo che se non fossero grandi come dinosauri lo apprezzerei. E tu, come te li immagini gli alieni?
Mi basterebbe trovare traccia di clorofilla per esultare della vita aliena! Ha ragione Claudia, ma anche a me piacerebbe incontrare un alieno somigliante agli umani.
Torniamo infine sulla Terra dove, tra inquinamento luminoso, urbanizzazione crescente e la presenza sempre più massiccia di mega-costellazioni satellitari, la visione del cielo notturno è sempre più compromessa e meno accessibile. Gra suggerisce di proteggere il cielo mostrandolo a sempre più persone e GG scrive forse regalando a tutti un telescopio, si spegnerebbe l’illuminazione artificiale spontaneamente per poter scrutare il cielo di notte. Molti fanno eco, in vario modo, a queste considerazioni, richiamandosi alla cultura e alla conoscenza e auspicando una regolamentazione dell’inquinamento luminoso e della corsa allo spazio. Cosa possiamo fare secondo te per salvaguardare questo patrimonio?
Possiamo adottare tanti piccoli accorgimenti nella vita di tutti i giorni utili a contrastare l’inquinamento luminoso, contenere i consumi, ed evitare sprechi senza rinunciare al benessere e alla qualità dell’illuminazione necessaria alla vita civile. Occorre informazione, azione politica per incentivare dispositivi che illuminino verso il basso e senza sprechi verso il cielo, uso di temporizzatori, lampade a basso consumo. Per quanto queste politiche siano in parte in uso, siamo ancora molto lontani dall’attuazione capillare e molto si può ancora fare. Peraltro le piccole azioni di moltissimi hanno un impatto di gran lunga maggiore rispetto alle grandi azioni di pochissimi.
Concludiamo ringraziando Isabella Pagano per aver partecipato alla nostra iniziativa, accompagnandoci in un viaggio affascinante tra le innumerevoli possibilità offerte sia dal Cosmo che dall’universo umano. Per l’occasione, vi salutiamo con uno dei commenti che abbiamo ricevuto a proposito del cielo stellato:
L’appuntamento con tutte e tutti voi è per giovedì prossimo con un’altra intervista per Destinazione Futuro. Non mancate!
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