
Provo a chiarire qualche aspetto, senza farla troppo lunga, perché i temi di partenza, anche se risalgono a un paio di secoli fa, mi sembrano molto attuali. In breve, la sostanza sarà questa: secondo Giacomo, lo sviluppo delle macchine di inizio ‘800 non significa necessariamente progresso (Pasolini sarebbe fiero del piccolo recanatese). Così come, immagino io, l’Intelligenza Artificiale oggi non significa solo “occasioni” in positivo. Tutto qui. Il resto è un gioco di citazioni, di situazioni e frasi estrapolate dalle opere di Leopardi. Se vi basta la spiegazione breve, fermatevi pure qui. Altrimenti andate avanti, tanto siete liberi di smettere quando volete.
Dunque, il contesto.
Leopardi e il Secolo dei Lumi

Giacomino, dunque, approda a Firenze nel 1827. È nel pieno della sua produzione poetica e fama di grande poeta, forse il più grande d’Italia, ma certamente non di grande ottimista. A Firenze fra le persone che lo accolgono in modo amichevole, si distingue Gian Pietro Viesseux, figlio di mercanti svizzeri, che ha un amore sconfinato per i libri e la cultura. Viesseux è convinto che il progresso si possa fare strada solo attraverso la circolazione di idee e gran discussioni. Nel 1820, aveva dunque fondato il Gabinetto Scientifico Letterario, ospitato a Palazzo Buondelmonti, in piazza Santa Trinità e aperto tutti i giorni dell’anno dalle 8 di mattina alle 10 di sera: tre ampie sale per la lettura, ben illuminate e riscaldate, e una dove si poteva anche giocare a scacchi e dama, conversando, prendere un buon caffè e qualche pasticcino. L’anno successivo, Viesseux inizia a pubblicare una rivista, l’Antologia, che proponeva articoli originali e una selezione degli articoli più interessanti apparsi nei periodici europei. Insomma, ci siamo capiti: a quell’epoca i salotti letterari erano fondamentali. E come in ogni piccola nicchia ecologica, ogni salotto tendeva a sviluppare una sua anima. Il salotto del Viesseux era certamente progressista e accogliente rispetto alla nuova proposte culturali, tanto da essere considerato pericolosamente liberale. Come l’Antologia, del resto, che fu chiusa nel 1832.
È qui che Leopardi arriva: un ironico dissacratore pessimista e materialista in un Circolo di intellettuali progressisti, ideologi del tutto andrà bene. Poteva veramente andare bene?
Eppure l’esordio di Giacomo a Palazzo Buondelmonti è sfolgorante. Il 24 giugno, in occasione del suo compleanno e di quello di un altro paio di sodali, Viesseux organizza una magnifica festa. Ci sono anche i suoi più cari amici, letterati e scienziati, medici, fisici, matematici. Gente curiosa, come per esempio Guglielmo Libri, rivoluzionario, matematico e cleptomane; Gaetano Cioni, matematico e fisico, che aiuterà Manzoni a risciacquare i panni in Arno e che fu protagonista di una straordinaria beffa letteraria; Gino Capponi, che lo difese fino all’ultimo; Pietro Colletta, che lo aiutò a soggiornare a Firenze promuovendo una “colletta” a suo favore (no, il termine “colletta” non deriva da Pietro Colletta, ma dal latino colligĕre, raccogliere – anche se il caso pare sempre vederci piuttosto bene). E tanti altri. Tutto bene? Insomma…
Leopardi e gli intellettuali

Ma non solo non vince. Le Operette vengono percepite come la goccia che fa traboccare il vaso: scavano un solco definitivo fra lui e gli intellettuali fiorentini. Del resto, non possiamo stupirci. Per dirne solo una, tra le Operette morali, oltre al tema della Natura indifferente (per esempio, nel Dialogo della Natura e un’islandese), è inclusa la Proposta di premi fatta dall’Accademia dei Sillografi, una satira terribile nei confronti della società che si va meccanizzando sempre di più e l’inevitabile progresso che molti danno per scontato in questo semplice fatto. Visto che siamo tanto bravi a costruire “macchine” e automi, si propongono tre premi:
- un automa che sia l’amico perfetto
- un uomo a vapore che sappia fare solo cose grandiose e magnanime
- una donna perfetta, che si comporta come descritta nel ‘500 da Baldassarre Castiglione. Una chicca, proprio.
Eccetera eccetera, un po’ come ho scritto nel mio dialogo con la Luna citato in apertura.
Capite che presentare in concorso a un Accademia progressista una raccolta di racconti satirici, fra quali anche un’ironica proposta di premi di un’Accademia progressista per macchine del tutto surreali e non realizzabili… insomma, siamo al capogiro, ma quel che è chiaro è che non poteva piacere. Era una visione troppo moderna, rispetto allo spirito dei tempi in generale e a quello dei frequentatori del GSL del Viesseux in particolare. Valga per tutti questo giudizio del Tommaseo: Ho letto il libro del Conte Leopardi: […] i principii tutti negativi, non fondati a ragione, ma solo a qualche osservazione parziale, diffondono e nelle immagini e nello stile una freddezza che fa ribrezzo, una desolante amarezza.
In definitiva, spero di essermi spiegato. Mi piaceva l’idea di questo Leopardi che oggi potesse esprimersi sull’IA in modo ragionevolmente simile a come si era espresso sugli automata di inizio ‘800. Con ironia, con dissacrazione, facendo della questione non tasto un problema tecnologico ma civico ed etico: legando il progresso a doppia mandata con la visione globale che homo sapiens sarà in grado di avere nei confronti delle nuove rivoluzionarie tecnologie. Che poi la Luna parli e che Leo sia informato sui fatti di oggi, sono scelte che mi sono parse in linea con l’atmosfera surreale del tutto.
Add Comment