I giganti del cosmo: gli ammassi di galassie

Aggiornato il 4 Novembre 2020

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Riassumiamo brevemente quanto abbiamo scoperto sulle galassie nel corso della lezione precedente per avvicinarci all’argomento di oggi: gli ammassi di galassie.

Una galassia è un insieme di stelle, gas e polveri. Ci sono varie morfologie di galassie. Quelle con la struttura a spirale, che costituiscono circa il 70% del totale, tendono a essere di colore blu, poiché hanno molte stelle giovani e tanto gas che permette una continua formazione stellare. Esistono poi le galassie ellittiche, generalmente più massicce e di colore rosso, dovuto a una popolazione stellare più vecchia.
Le galassie si distribuiscono nell’universo in relazione alla loro morfologia e densitĂ  dell’ambiente in cui si trovano: le galassie a spirale si trovano laddove vi è una bassa densitĂ  di galassie, mentre quelle ellittiche in zone a densitĂ  maggiore. La densitĂ  influisce anche sul numero di interazioni che avvengono tra le galassie nel corso della loro vita, che possono tradursi da semplici interazioni mareali tra galassie a collisioni catastrofiche.
Queste interazioni possono modificare la morfologia delle galassie, portando a una semplice distorsione delle loro zone più esterne fino a provocare la distruzione delle galassie originarie e creare nuovi oggetti dalla coalescenza dei “detriti cosmici”. Durante questi scontri il gas delle galassie si comprime e riscalda velocemente dando via a una nuova e improvvisa fase di formazione stellare (detta “starburst”), generalmente di breve durata ma osservabile in molte galassie interagenti.

[/vc_column_text][vc_single_image image=”12476″ img_size=”full” add_caption=”yes”][vc_column_text]Nell’immagine è rappresentata l’interazione di una galassia grande con una piĂą piccola. A causa delle forze mareali si creano dei ponti e degli shock: il gas viene strappato dalla galassia meno massiva e successivamente compresso, dando vita a nuova formazione stellare nelle zone di colore blu.

Questa formazione stellare produce delle nuove stelle massicce, che hanno vita molto breve e muoiono trasformandosi in supernovae. Le supernove producono dei venti stellari che possono arrivare a espellere grandi quantitĂ  di gas della galassia stessa.

Negli ambienti densi come gli ammassi di galassie, alcune galassie presentano una scia di gas dietro di loro (osservabile sia nella banda ottica che nell’X). Tali scie si formano perchĂ© lo spazio tra le galassie non è completamente vuoto ma contiene del gas molto rarefatto, la cui densitĂ  è di circa un atomo per m3. Quando una galassia entra nell’ammasso attirata dalla forza di gravitĂ , risente della pressione e dell’attrito esercitati dal gas rarefatto e dunque si “spoglia” del proprio gas: questo va a formare una scia dietro alla galassia, dando vita a una regione ricca di nuova formazione stellare.
Negli ammassi di galassie ci sono più ellittiche rispetto a spirali e anche il colore delle spirali tende a essere più sul rossiccio di quello delle loro “colleghe” degli ambienti rarefatti per via di questo effetto di spoliazione del gas interno alle galassie.

Fino agli anni ’80, i cataloghi di ammassi venivano redatti cercando visualmente sulle lastre fotografiche le regioni di alta-densitĂ . Il catalogo piĂą famoso è quello di Abell, il quale ispezionò 104 deg2 di lastre (che confrontati con l’area coperta dalla Luna, 0,25 deg2, dĂ  l’idea dell’immane lavoro svolto).[/vc_column_text][vc_single_image image=”12474″ img_size=”full” add_caption=”yes”][vc_column_text]Al giorno d’oggi non si fa piĂą uso di lastre fotografiche, bensì di fotografie digitali effettuate con CCD (dispositivi ad accoppiamento di carica) e nemmeno dell’occhio umano, ma di procedure automatiche di ricerca di oggetti su immagini digitali.
La Sloan Digital Sky Survey o SDSS è una campagna osservativa del cielo effettuata con il telescopio ottico dedicato di 2,5 metri dell’osservatorio di Apache Point, nel New Mexico degli Stati Uniti. Questa campagna, iniziata nel 2000 e tuttora in atto, ha scannerizzato circa il 35% del cielo e ha catalogato fino ad ora 500 milioni di oggetti. In questo modo si è riusciti a compilare nuovi cataloghi di ammassi di galassie e a renderli disponibili on-line agli scienziati di tutto il mondo.
L’Hubble Space Telescope dal 1990 produce (tra l’altro) immagini dei corpi celesti a noi vicini: tra questi vi è la galassia di Andromeda, la quale, come noi, fa parte dell’ammasso di Virgo. Questo a sua volta, è contenuto nel super-ammasso locale (cui noi facciamo parte) che è stato denominato Laniakea (Grande Paradiso).

La nostra atmosfera assorbe i raggi X, evitando che questi rompano i legami molecolari e di conseguenza impediscano la nascita della vita. Per questo sono stati costruiti e posti in orbita attorno alla Terra dei satelliti con appositi specchi per rilevare i raggi X, che ci hanno permesso di vedere il gas molto rarefatto che permea lo spazio tra le galassie negli ammassi di galassie. Questo gas è caldissimo, a temperature simili a quelle presenti nei nuclei stellari. Non è composto solo da idrogeno, ma ha anche tracce di elementi più “pesanti” quali ad esempio il ferro, silicio e ossigeno. Questo ci dice che questo gas non è tutto primordiale, ma è stato processato nelle stelle, le uniche fornaci in grado di produrre elementi pesanti.

Ci sono tre modi per calcolare la massa totale di un ammasso di galassie, cioè la somma della sua massa barionica (materia “normale”) e materia oscura.
Nel primo si considera la curva di velocitĂ  delle galassie nell’ammasso e si utilizzano le equazioni della dinamica. Un altro modo utilizza l’equazione di equilibrio idrostatico per calcolare la massa totale necessaria a mantenere in equilibrio una sfera di gas (il gas che emette nella banda X). Un terzo modo è sfrutta il fenomeno delle lenti gravitazionali: queste sono un effetto osservato negli ammassi di galassie come previsto dalla relativitĂ  generale di Einstein. Le lenti gravitazionali permettono di stimare quanta massa occorre per produrre le deformazioni osservate nella luce di galassie lontane poste dietro all’ammasso rispetto all’osservatore terreste.

Con le misure fatte usando i tre metodi di cui sopra si è potuto trovare che gli ammassi di galassie sono costituiti mediamente per il 3% da galassie e per il 15% da gas: la restante parte è materia oscura. Negli ammassi il rapporto tra massa totale e massa luminosa (cioè la massa del loro contenuto di stelle) è circa 400.
La materia oscura è un grande mistero da risolvere per l’astrofisica moderna. Ancora oggi non si sa da che genere di materia sia prodotta, ma la conosciamo solo attraverso i suoi effetti gravitazionali sulla materia “ordinaria”.

Gli ammassi di galassie si dividono in due famiglie principali: quelli rilassati, la cui emissione X è simile a quella prodotta da una sfera di gas, e quelli disturbati, dall’emissione X irregolare.
Gli ammassi rilassati sono caratterizzati da un picco di luminosità al centro, corrispondente alla galassia più massiva. Questa si forma per cannibalismo delle galassie che finiscono dentro la buca di potenziale gravitazionale dell’ammasso e che tendono quindi a “cadere” verso il centro.
Diversamente dalle altre galassie ellittiche, questi “mostri” al centro degli ammassi di galassie mostrano ancora segni di formazione stellare centrale e contengono al loro centro i buchi neri supermassivi più grandi dell’universo.

Tra gli ammassi non rilassati, cioè in interazione con altri ammassi, di particolare interesse è quello detto ammasso “pallottola”. Questo ammasso è stato il primo a provare l’esistenza della materia oscura (o meglio a escludere che la materia oscura possa essere soltanto un effetto dovuto a equazioni della relatività generale non complete): quando due ammassi si attraversano a vicenda, la materia oscura procede lungo la traiettoria iniziale indisturbata, lasciando dietro di sé una scia di gas che, essendo materia ordinaria, ha risentito dell’attrito con quello dell’altro ammasso. Il risultato è una “separazione” tra materia ordinaria e materia oscura e che viene realmente osservata usando i tre metodi complementari per misurare la massa degli ammassi.

In Figura è possibile vedere un ammasso di galassie “pallottola”: la materia oscura è visibile in blu grazie a osservazioni con le lenti gravitazionali, mentre gas caldo dei due ammassi che si sono scontrati è rappresentato in magenta, da osservazioni in X. Questa collisione cosmica ha separato la materia ordinaria del gas da quella oscura. Le galassie dei due ammassi si trovano dove c’è la maggior parte della massa, cioè dove c’è la materia oscura.
[/vc_column_text][vc_single_image image=”12475″ img_size=”full” add_caption=”yes”][vc_column_text]Gli scontri tra ammassi di galassie sono gli eventi piĂą energetici nell’universo dopo il Big Bang, quando avvengono sprigionano un’energia pari a circa 10<sup>50</sup> bombe atomiche.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]